Fare imparare (o per lo meno approcciare) l’inglese ai bambini sembra essere davvero una moda in forte ascesa. Sono sempre più numerosi i corsi che promettono di insegnare l’inglese anche ai bambini piccolissimi (come il metodo Helen Doron), ma anche i tanti asili che inseriscono con orgoglio l’inglese nella propria offerta curriculare certi, così, di attirare l’interesse delle mamme moderne.
Eppure non posso fare a meno di pensare che spesso si approcci a questo argomento con una certa superficialità, che inserire l’inglese all’asilo serva più a soddisfare un’esigenza, molto di apparenza e poco “di sostanza”, delle mamme invece che a offrire una reale opportunità di apprendimento ai bambini.
Parlo con un’amica che ha una bimba di quattro anni che frequenta uno degli asili più IN della città. Declino un invito per venerdì “perché abbiamo il corso di inglese”. Lei strabuzza gli occhi (ci sono abituata ormai!): “inglese? Ma così piccolo va già alla scuola di inglese?”. Parto con la mia solita arringa, ormai collaudata, nella quale spiego di cosa si tratta e dei risultati che, secondo la mia esperienza, si ottengono sin da adesso.
Lei mi ascolta e poi conclude: “noi non ne abbiamo bisogno. Mia figlia fa l’inglese a scuola: un’ora alla settimana con una insegnante madrelingua”.
Non replico nulla perché in realtà penso che questa ora di inglese in classe sia abbastanza inutile. O meglio, forse servirà a far apprendere qualche parola e a familiarizzare con la lingua (il che è già tanto), ma certamente non offrirà risultati interessanti e inaspettati.
La differenza tra un’ora di inglese a scuola e la partecipazione ad un corso di inglese vero e proprio sta nel fatto che il corso richiede il diretto e sentito coinvolgimento dei genitori, che devono credere in questo progetto: si impegnano a far ascoltare il cd a casa e soprattutto, parlano in inglese con il piccolo quando possono, lo stimolano a ripetere le parole, gli dicono come si dice una certa parola in inglese.
Insomma, ho come l’impressione che con un’ora di inglese alla settimana ci si levi di torno il problema dell’inglese e ci si senta a posto con la coscienza; invece frequentare un corso significa intraprendere un percorso che richiede grande partecipazione, da parte dei bambini e anche da parte dei genitori.
Salve, mi permetto di inserirmi nella conversazione. Sono un tutor di inglese , collaboro presso i comuni abruzzesi. Ho una associazione che si chiama Jeremy. Noi essenzialmente facciamo i maestre di inglese, ma la nostra scuola è abbastanza “speciale”.
Innanzitutto c’è da dire che è verissimo che l’inglese viene insegnato con molta superficialità in Italia. Purtroppo c’è una carenza dal punto di vista metodologico proprio perchè l’approccio alla cultura anglosassone è differente da quello che si ha nel sud dell’Europa. Conseguentemente in Italia siamo soliti insegnare una lingua aperta ed inclusiva come l’inglese in un modo “esclusivo” seguendo una metodologia pietrificata e rigida in cui c’è una distanza abissale tra insegnante e alunno ma anche tra alunni stessi (e poi si chiedono al telegiornale “da dove avrà mai preso origine il bullismo?”)
Il nostro metodo capovolge questa struttura. Creiamo delle classi miste tra bambini disabili e bambini normodotati (affidandoci al sostegno d associazioni per disabili e psicologi, site in Pescara), e insegniamo l’inglese tramite il gioco e l’interazione.
La cosa davvero commovente è che si creano delle interazioni davvero incredibili tra bambini disabili e non. Tante volte ci si trova a vedere bambini che aiutano i loro compagni in sedia a rotelle a scrivere o nelle attività di gioco, ma moltissime volte succede anche il contrario : bambini disabili che aiutano bambini normodotati e li sostengono con una dedizione da veri e propri maestri, amanti del loro lavoro.
Queste interazioni avvengono per forza di cose, in più i bambini vedono l’utilità pratica della loro attività poichè si ritrovano a recitare in inglese nelle operette da noi realizzate.
Da parte mia sono sicuro che l’apprendimento di una lingua dipenda soprattutto dalla profondità dei rapporti umani che vengono ad instaurarsi mentre si studia e ci si diverte con essa.
Per maggiori info contattatemi pure su facebook, il mio nome è Davide Supertramp, il gruppo fb si chiama Jeremy e la nostra mail è jeremyenglishschool@libero.it . Cari saluti.
Scusate ma forse non mi sono espressa bene…quello che mi ha dato fastidio in ciò che ho letto è la sensazione che più che un divertimento per il bambino, la lezione di inglese si trasformi in un obbligo per lui. Dopo il corso, a casa a ripetere le paroline, a sentire il CD…per quello ero sbigottita…magari ci sono genitori che nn sanno bene l’inglese ma vogliono far frequentare il corso al bambino…non vedo la necessità del continuo ripetere al bambino le paroline o le canzoncine imparate anche dopo il corso…se non appunto quello di esibirlo come un gran risultato davanti a tutti!
Io sono la prima a credere che il bambino assimili facilmente una o più lingue straniere e che qsto giovi alla sua crescita linguistica e psicologica, ma ho sempre la sensazione che dietro a tante famiglie che fanno seguire corsi di inglese ai bambini, non ci sia qsto pensiero ma un senso di superiorità e superficialità nei confronti di coloro che il corso non lo vogliono (o non lo possono fare). Proprio per qsto sto iniziando gratuitamente degli incontri di inglese x i bimbi della scuola dell’infanzia…non è facile perchè sono tanti, ma ci divertiamo tantissimo…
English is fun!!!
scusami paola, premesso che questo è il mio primo intervento, purtroppo non sonoi molto d’accordo su quello che scrivi.
a divertirsi i bimbi dovrebbero andare con i genitori al parco giochi in quanto questa è una vera scuola dove sin da “piccolissimi” (col pannolino) apprendono qualcosa che a casa non apprenderebbero. percio la loro attenzione è unica perchè è unico ciò che imparano alla HELEN DORON!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
e poi, se i genitori non sanno l’inglese, qual è il problema! saranno i figli ad insegnare loro.
cordiali saluti da PESCARA. sandra
ciao sono sandra dall’ abruzzo e vorrei conoscervi. saluti a tutte.
ciao Paola, ciò che intendevo è che il corso Helen Doron per i piccolissimi richiede espressamente la presenza del genitore che quindi deve essere il primo a credere che sia possibile imparare l’inglese a un anno di vita e mettere da parte lo scetticismo (comprensibile).
Solo così rimarrà divertito e stupito di fronte ai “risultati inaspettati”. Perchè vedere un bimbo così piccolo che ricorda le parole in inglese o ne comprende il significato è decisamente una cosa inaspettata e interessante. Ti confermo, infine, che per noi è stato solo un gran divertimento 🙂
Un saluto
Francesca
Devo essere sincera…io sono sbigottita da qllo che leggo…”ma certamente non offrirà risultati interessanti e inaspettati”????!!!! Ma deve essere un divertimento puro e semplice, non un trofeo da esibire davanti agli amici!!
E poi ” richiede il diretto e sentito coinvolgimento dei genitori, che devono credere in questo progetto”…ma che vuol dire?? I genitori che nn sanno l’inglese non devono mandare i bimbi al corso perchè a casa nn possono far fare loro il ripasso????
Scusa ma sono senza parole…