Mentre gli impegni si moltiplicano e la fatica sembra esser diventata meno sopportabile (siamo a maggio, come ci ricorda una mamma!), anch’io come la mamma bionda o mora, non ricordo più, mi faccio domande sulla presenza del mio piccolo alla lezione d’inglese.
Durante la settimana ascoltiamo il cd, recuperiamo le parole ascoltate durante le lezioni e le ripassiamo mentre giochiamo, parliamo di Catia e quando passiamo davanti alla scuola d’inglese la riconosciamo indicandola. Ma poi, quando siamo a lezione… un po’ ci distraiamo, un po’ giochiamo ad altro e mezz’ora dopo l’inizio imploriamo di andare via. Che fatica!!!
Non nascondo che più volte anch’io, dopo l’entusiasmo iniziale, mi sono fatta molte domande sulla partecipazione di Andrea ad un corso come questo, più volte mi sono chiesta se non è prematuro imporgli una seconda lingua… Tutte perplessità che mi sembrano lecite ma che trovo molto frustranti, come genitore.
Forse sarebbe necessario più che sui motivi che generano gli improvvisi cambi d’umore nei nostri piccoli soffermarsi sulle nostre aspettative e sulle nostre motivazioni, solo così potremmo prendere la giusta distanza dai pensieri adultocentrici continuando ad “accompagnare” i nostri piccoli nel percorso di familiarizzazione, anche alla lingua straniera, un percorso che sarà caratterizzato ora da più interesse ora da un interesse che vacilla ora da un totale rifiuto: senza che tutto ciò sia necessariamente giustificato da cause interne o esterne.
Forse l’importante sarebbe conservare con loro la dimensione di gioco!
Foto: Flickr
Ciao Sofia, grazie per questo lungo commento! Leggendolo, mi ponevo questa domanda: hai mai fatto caso ai metodi di insegnamento utilizzati dalle due maestre? Sono diversi? Forse quello di musica è meno “direttivo”, meno “impostato”, lascia più spazio al gioco e alla creatività personale? La maestra ha costruito un percorso diverso? Mi colpisce sempre come ogni bimbo abbia bisogno di stabilire un feeling con il proprio insegnante, e chiaramente ogni bimbo ha reazioni diverse: ci sono i bimbi che amano gli ambienti competitivi, quelli che hanno bisogno di sentirsi accuditi, quelli che odiano la confusione…
Ciao! Davide ha frequentato per un anno un nido bilingue. È quindi stato assolutamente “naturale” continuare a frequentare le lezioni di inglese organizzate per gli ex alunni (mi fa ridere questo nome per bimbi di 3 anni!) che si erano trasferiti all’asilo comunale di zona. Un’ora, al giovedì pomeriggio che lui ha seguito per un anno e mezzo con entusiasmo, energia e piacere. Con qualche risultato anche, tipo la recita o il piacere nel guardare i suoi dvd di Baby Einstein in inglese. Improvvisamente verso la fine di febbraio di quest’anno – quindi al secondo anno di asilo vero e di frequentazione del corso di inglese da ex alunno – ha iniziato a fare capricci immensi, scene da esorcista, pianti inconsolabili che mi hanno costretto a non portarcelo più. Con dispiacere mio e stupore della sua adorata maestra. Ci siamo dette che a 4 anni è comunque troppo piccolo per sostenere una tale forzatura e pressione che potrebbe rischiare di fargli odiare l’inglese per l’eternità. E quindi fine delle lezioni. Ogni tanto mi dice che vuole ritornare e quindi ormai per l’anno prossimo mi porrò il problema ma per ora capisco che per lui è più forte lo stimolo di gruppo, giocare con i suoi amichetti del gruppo di riferimento: cioè quelli della sua classe dell’asilo. L’ideale secondo me potrebbe essere cercare di formare un gruppetto di amichetti che frequenta l’asilo E la lezione di inglese.
Ultima nota: Davie – su sua esplicita richiesta – frequenta anche un corso di musica. E a quello non rinuncia per niente al mondo per cui mi chiedo: che c’è di diverso visto che nemmeno lì ci sono i suoi amici? Ed entro in paranoia perché se posso sopportare che non suoni alcuni strumento non posso permettere che non impari l’inglese. E quindi via con le paranoie….