Matteo ha 5 anni e mezzo e si appresta a iniziare la scuola primaria.
Io non sono una madre che affretta l’apprendimento insegnando a leggere e a scrivere prima dell’inizio della scuola. Alla materna sanno già quasi tutti leggere. Matteo no.
Lui però sta imparando, unico, l’inglese. L’ho iscritto in settembre alla scuola Helen Doron di Reggio Emilia, un po’ spinta dalle sue richieste (una vera fissazione da più di un anno) un po’ dalla curiosità, un po’ dalla consapevolezza che noi abbiamo potuto fare a meno di conoscerlo molto bene, ma a loro non sarà permesso.
L’esperienza mi ha insegnato che, per quanto si possa essere bravi a scuola (e io in inglese ero bravissima!) quando ci si trova poi all’estero, la lingua che si è studiata in classe si rivela una lingua differente da quella che si ascolta per le strade.
Ricordo ancora il panico del primissimo approccio con un tassista inglese che mi portava SEMPRE all’indirizzo sbagliato perché la mia pronuncia di Clifford Drive non era sufficientemente differente da quella di Clifton Drive.
Dopo quattro mesi di corso da Helen Doron, Matteo pronuncia l’inglese come un madrelingua.
Questo fatto suscita sempre una certa sorpresa tra le persone che, scettiche, gli domando, non senza scetticismo, “allora, Matteo, dimmi qualcosa in inglese”, si sentono rispondere: caterpillar! Ma non solo! Lo sentono pronunciare kætəpIlər e non ca-ter-pil-lar.
E io gongolo. Eh si. Lasciatemelo dire. Come prevede Francesca , gongolo perché il limite invalicabile degli italiani è proprio la pronuncia. Provate ad ascoltare un bambino olandese e un bambino italiano parlare inglese.
Matteo, ora, quando parla sembra un bambino olandese. Ma qual è la meraviglia? Il fatto di averlo imparato giocando, disegnando, mangiando, costruendo, cantando, ritagliando, insomma…ridendo!
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